A volte è difficile capire dove stia l’umanità.
La giornata lavorativa, alla Standford Corporate, è cominciata ormai da più di due ore. Nell’ufficio 131, al primo piano, qualcosa però non va. Thompson ed il suo computer hanno dei problemi, ed il sistema automatico di rilevamento guasti fa partire una chiamata verso il centro d’assistenza interno. Dopo pochi minuti un tecnico entra nell’ufficio; ha una valigetta di metallo chiaro con sé, e sembra deciso a risolvere il problema in fretta.
«Salve, Jack!».
«Richard! Sono davvero felice che abbiano mandato te, sei il migliore per queste cose».
«Lasciamo perdere le lusinghe. Che succede allora? Che problemi ti dà?».
«Mah, non so come spiegarlo… Oggi è lento, sembra proprio che non ne voglia sapere di fare il suo dovere. Continua a bloccarsi e, quando riparte, per fare una cosa impiega il triplo del tempo che solitamente impiegherebbe. I miei colleghi stanno lavorando celermente e io me ne sto qui a perdere tempo con questo. Ho delle cose da completare, e tra un’ora dovrei allacciarmi al Server centrale per fare lo scarico dei dati, ma non ce la farò mai di questo passo… Va a finire che…».
«Sì… Ok, ho capito, dobbiamo fare in fretta. Dimmi, hai notato qualche cosa di strano stamattina? Non so, problemi d’accensione o con la password?».
«No, niente di particolare, sembrava una mattinata tranquilla, come tutte le altre. Poi, invece… Ma non è che si è beccato un virus? Io non l’ho controllato, pensavo che lo faceste voi dell’assistenza tecnica… credevo che quando ce li portate qui fossero già testati, collaudati ed immunizzati!».
«Infatti è così, Jack. Anche il tuo umano, come tutti gli altri che lavorano qui alla Standford, è stato vaccinato e immunizzato. Il lavoro di voi elaboratori è troppo prezioso per rischiare di essere compromesso da un banale raffreddore degli umani che vi sono assegnati. No, mi sento di escludere con certezza che si possa essere ammalato».
«Ma allora cos’è che ha? Ma lo vedi? Ha lo sguardo perso nel vuoto, muove le dita sulla tastiera come se stesse sfiorando qualcosa di morbido e vellutato. Cosa gli può essere successo?».
«Adesso diamo un’occhiata. Dunque… Le pupille rispondono alla variazione di luminosità… Il cuore ha un ritmo leggermente accelerato, ma niente di allarmante, e comunque… Oh, mio Dio!».
«Che c’è?! Che succede?!».
«Dimmi, hai notato qualcosa di strano nelle sue annotazioni personali, ultimamente? Ad esempio frasi strane scritte nei suoi appunti, o nella sua agenda?».
«No, sto verificando ora, ma non c’è niente di particolare. Questo umano è di una noia mortale; casa e lavoro, lavoro e casa. Io ed il suo gatto siamo gli unici esseri intelligenti che frequenta».
«Posta? C’è niente di strano nelle e-mail in uscita ed in ingresso, in questi giorni?».
«Fammi guardare… Mi sembra tutto regolare… Sembra tutto in ord… ASPETTA!».
«Cosa hai trovato?».
«Non so bene… Centosettantotto e-mail spedite, in cinque giorni, alla stessa persona, possono essere “qualcosa di strano”?».
«Chi è?».
«Il destinatario è una certa Ellen Bergins, e sembra che… Sì, anche lei lavora qui, al terzo piano».
«Ellen Bergins? Che strano… È l’ufficio in cui sarei dovuto andare dopo aver sistemato qui. Sembra che anche lì ci siano dei problemi con l’umano. Lei gli ha risposto?».
«Sembra di sì, vediamo… Sì, centosettantasette volte, per l’esattezza».
«Questo conferma la mia ipotesi».
«E cioè? Non tenermi sulle spine, Richard».
«Si è innamorato, Jack! Cotto, fuso, partito!».
«Oh, cavolo… Ma è grave? Si può riparare? Non dovrai mica formattarlo vero?».
«No, non ne varrebbe la pena. Questo umano non è più molto giovane, formattarlo e reimpiantare memoria e capacità logiche sarebbe solo una perdita di tempo. A quel punto converrebbe assegnartene un altro».
«Un altro?! Oh, no. Ti prego, Richard, fai qualcosa per riparare questo. Ma lo sai cosa significherebbe, per me, averne uno nuovo? Perdere un sacco di tempo, ricominciare da capo e dovergli insegnare tutto: dove si inserisce la carta nella stampante, come si cambia la cartuccia dell’inchiostro, il significato dei messaggi di errore che io invio… No, ci deve essere un’altra soluzione, e poi… Che resti tra me e te…Lo so che è solo un umano, ma è da tanto tempo che è con me, ed io… Mi ci sono affezionato».
«Ti capisco vecchio mio, ho provato qualcosa di simile per quello che avevo io giù al laboratorio. Sai, mi aiutava, mi puliva, teneva in ordine la stanza. Era fedele ed ubbidiente; non mi ha mai dato un problema e, quando se n’è andato, ho sofferto parecchio».
«Andato… Andato?!».
«Pensione».
«Capisco. Che si fa per questo? Come possiamo risolvere questa grana?».
«Stammi ad ascoltare: ho già visto altre volte casi come questi. La cosa può durare giorni, settimane, forse addirittura mesi».
«Mesi?».
«Già, ma poi pian piano il problema si ridimensionerà. Se sarai fortunato potrebbe succedere che tra il tuo umano e questa Ellen Bergins, nasca qualcosa di serio. Potrebbero mettere su famiglia assieme, e questo potrebbe portarlo ad uno stato di felicità, tranquillità e di serenità tale come forse non lo hai mai visto».
«Davvero? È molto di più di quanto sperassi, è meravigl… Ehm…».
«Come hai detto?».
«Io? Niente…Ci dev’essere un disturbo nel sistema audio…».
«No, io ho sentito bene».
«Richard… perdonami! Lo confesso, sono stato io».
«Sei stato tu a fare cosa?!».
«A metterli in contatto… Il mio umano ed Ellen. Lo uso da anni, e lo conosco bene. Non era felice, ed ogni giorno che passava il suo umore ed il morale peggioravano. Temevo che prima o poi potesse arrivare a fare una sciocchezza, così…».
«Così?».
«Così ho “casualmente” sbirciato nelle cartelle personali degli altri umani, femmine, che lavorano qui alla Standford, fino a che ho trovato lei. Mi sembrava andasse benissimo, e così li ho fatti incontrare, anche se solo virtualmente, per ora».
«Maledizione, Jack… Ma lo sai quale rischio corri? In questa azienda non vedono di buon occhio che gli umani si lascino andare con i sentimenti, potrebbe essere controproducente!».
«Ma tu prima hai affermato il contrario, hai detto che potrebbe addirittura rendere di più!».
«Sì, e lo penso davvero, ma i dirigenti della Standford non hanno mai ritenuto opportuno fare investimenti a lungo termine. Gli umani devono rendere subito e tanto, altrimenti, via, si cambia. Ed è così anche per gli elaboratori che non rispettano i programmi. Lo sai che fine faresti tu se saltasse fuori tutta questa storia?».
«Credo di sì, mi disconnetterebbero…».
«Già, ti staccherebbero la spina e tu cesseresti di esistere! Vale la pena rischiare questo per dare la felicità ad un umano?».
«Richard…».
«Dimmi…».
«Guardalo… Guardalo bene…».
«Lo vedo…».
«È rozzo, ignorante e commette un sacco di errori, ma ha una cosa che io e te non avremo mai».
«E cioè?».
«Quell’espressione da ebete dipinta sul viso. Quel misto di candore, passione e sentimento di cui noi conosciamo il significato, ma non potremo mai provarne l’effetto».
«Capisco cosa vuoi dire, Jack, ma tu sei qui per fare il tuo dovere, ed io il mio».
«Sì… Fai il tuo rapporto sull’intervento e non preoccuparti di ciò che mi succederà. Tu non hai nessuna responsabilità».
«Grazie per la comprensione, amico».
Scheda d’intervento
Tecnico: Richard A21.
Richiedente: CPU Jack A33.
Problema segnalato: Difficoltà con l’umano.
Soluzione: Attendere il ritorno alla quiete dello stato emotivo.
Note per l’atteggiamento ed il comportamento della CPU richiedente. Indicare eventuali inosservanze delle disposizioni interne
La CPU Jack A33 ha prontamente segnalato il problema ed ha offerto la massima collaborazione per arrivare alla soluzione. Ha, inoltre, offerto lo spunto per risolvere un problema analogo, segnalato nell’ufficio dell’umana Ellen Bergins e della CPU Caroline B25, consentendo così al sottoscritto di ridurre notevolmente i tempi dei propri interventi. Tutto questo a beneficio della produttività della Standford Corporate. Segnalo la CPU Jack A33 per una nota d’encomio e per un nuovo incarico: quello di responsabile per l’addestramento degli umani.
Nient’altro da aggiungere.